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Il giudice poco prudente e la radical chic molto istituzionale

11 agosto 2013

Il giudice Esposito, l’imitazione della Mussolini e Felice Caccamo. Calderoli fa il Calderoli, Linda Lanzillotta si comporta come fosse la dott.ssa Serra

La senatrice del Pdl Alessandra Mussolini imita il giudice Antonio Esposito, che imita Felice Caccamo.

 

Trascrivo dal Secolo XIX, quotidiano di Genova:

Roma – «”O sacc’ o nun o ssaccio”…Tu sì o titolare, come faje?’’. Concluso l’esame del decreto del “Fare” , la senatrice del Pdl Alessandra Mussolini, sotto lo sguardo divertito del compagno di banco Francesco Nitto Palma (Pdl), chiede la parola nell’Aula del Senato e si lancia in una recitazione in napoletano dell’intervista a “Il Mattino” del giudice di Cassazione Antonio Esposito, uno dei magistrati che ha deciso di confermare la sentenza di condanna per la vicenda Mediaset nei confronti di Silvio Berlusconi.Il vicepresidente di turno Linda Lanzillotta prova a togliere la parola alla parlamentare dicendo che l’argomento non era attinente con i lavori d’Aula e che «poi è un intervento non esattamente in italiano, che è la lingua che si parla in quest’Aula…».L’osservazione fa andare su tutte le furie un altro napoletano “doc”, Ciro Falanga (Pdl): «Se lei censura il napoletano – dice rivolgendosi alla Lanzillotta – io ritengo che non presieda correttamente l’Aula». Alla fine tocca all’ironia di Roberto Calderoli (Lega) chiudere il siparietto: «Se la Mussolini vuole parlare in napoletano, almeno traduca in bergamasco…».

Secondo noi il numero di Linda Lanzillotta, vice presidente del Senato,[1]  presidente della seduta, è ancora più notevole di quello di Alessandra Mussolini. Poiché il mio disprezzo per la prosopopea istituzionale è ben noto, ritengo inutile insistere, dire quanto sia patetico l’intervento della Lanzillotta, quanto penosi l’uso della mordacchia (toglie la parola ad Alessandra Mussolini), il richiamo alle cacate carte («l’intervento non è esattamente nella lingua italiana»), la pretestuosità di castrazione dell’universo del discorso («l’intervento non è all’ordine del giorno […], non più di un minuto…), il broncio indignato, l’albagia istituzionale. Per capire la scaturigine dell’alto concetto che la Lanzillotta ha di sé, siano sufficienti questi cenni biografici.

Breve biografia della Lanzillotta – Da giovane fu militante nel gruppo maoista Unione dei Comunisti Italiani, ma è ancora giovane, e determinata, quando diventa punta di diamante istituzionale nel Psi (partito nel quale militava il marito Franco Bassanini, poi ministro ulivista, attualmente tecnocrate di area progressista). Continuerà a ricoprire incarichi istituzionali nel corso di tutte le sue trasfigurazioni. Approda alla Margherita, confluisce nel Pd, aderisce al nuovo partito di Rutelli Alleanza per l’Italia, si converte (ma sempre con piglio istituzionale) al verbo montano e, in quota dell’ensemble Scelta civica per l’Italia è eletta vicepresidente del Senato. Tiene salotto a Capalbio, dove fa assaggiare agli ospiti marmellate assolutamente “biologiche”, delle quali lei ha personalmente curato la confezione. [2]

La dott.ssa Serra, a questo punto – lo so – direbbe: ma che c’entrano questi cenni biografici? Aristide, si attenga al dato politico! Intanto: dove sta scritto che io su Nusquamia debba attenermi al dato politico? Poi: non dicevano le femministe che il personale è politico, e la Serra non fa parte della costellazione pseudoprogressista con ascendente femminista? Infine: se io opero una demistificazione della politica, mostrando come la politica sia asservita alla logica delle famiglie e degli attori del territorio,  alle cordate partitiche, alle ambizioni personali ecc., perché mai dovrei attenermi alla cornice mistificata? Io demistifico, o non è chiaro?

Ma sentiamo la viva voce del giudice Esposito, e impariamo a essere orgogliosi dell’Italia e delle sue istituzioni:

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[1] Ricordiamo che i vicepresidenti del Senato sono quattro. Uno di questi è Roberto Calderoli che però, dopo la provocazione da lui scientemente predisposta sulla Kyenge, non ha più presieduto alcuna assemblea di palazzo Madama. Calderoli (che è intelligente) sapeva benissimo il putiferio che ne sarebbe nato, e l’aveva previsto. Ma quel putiferio gli serviva per costringere il diversamente intelligente Bobomaroni a minimizzare, mettendolo spalle al muro. Così il Calderoli continua a contare qualcosa nel partito: per merito suo, ovviamente, senza dover ricorrere ai servigi di quel pasticcione di Pedretti. Però, visto che Calderoli tiene sotto schiaffo Bobomaroni e che Bobomaroni, come diceva il Manzoni a proposito di don Abbondio, non è un cuor di leone, Bobomaroni se la fa addosso all’idea di fare il suo dovere, cioè di sanzionare il Pedretti, e i curnensi sono costretti a subire l’affronto di un Pedretti che, per quanto politicamente collassato, circola ancora senza il certificato di rottamazione politica.

[2] Questa del “biologico” è un’altra cazzata linguistica, una delle tante: anche la merda è biologica, e il petrolio nasce da un processo biologico di trasformazione di detriti organici.

40 commenti
  1. Il socialista perplesso permalink

    La classe operaia potrà seguire i comunisti fin tanto che sarà incantata dai loro miti, o potrà essere persuasa da un socialismo democratico che sappia parlare alla sua saggezza. Un terzo socialismo, che non abbia il prestigio del mito né la forza della ragionevolezza politica, sarà senza nessun titolo di seduzione.

    • Diversamente permalink

      Il fatto è che, essendo il socialismo una profezia e non una dottrina politica, tanto meno scientifica, in esso, in quanto profezia, soltanto i miti possono aver peso e guidare il popolo. Perché le profezie realistiche o sagge sono un evidente e inconciliabile ossimoro.

  2. Piccola porcata scaccia grande porcata? No, perché noi ci ricordiamo tutto: della piccola porcata, della grande porcata e di tutte le porcate precedenti

    porcatina
    Per far dimenticare la porcata del manifesto precedente, che si appropriava delle parole del papa per fini di sordida politichetta locale, i similprogressisti affiggono questo nuovo manifesto. Max Conti è in vacanza, ma presente — con lo spirito e con il telefono — nel paese di Curno, sempre meno bello da vivere. Si consulta con Pepito el memorioso e con determinazione quasi serrana, con piglio aziendalista e disinvoltura ormai renzista, incarica Pepito di vergare il nuovo ta-tze bao.
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    1. Un manifesto da dimenticare, secondo Max Conti (invece noi lo ricordiamo)

    Vi ricordate il manifesto che Max Conti fece affiggere alla bacheca del Pd di Curno e che poi in fretta e furia strappò alla visione del pubblico divertito? Ne parlavamo su Nusquamia il 25 aprile, nell’articolo intitolato Cose da pazzi al Pd di Curno. In sostanza, era avvenuto che un centinaio di parlamentari del Pd si fossero rifiutati di far sedere sulla poltrona di presidente della Repubblica quel tal signor Mortadella. Il Pd entrava in crisi, in particolare entrava in crisi la gestione di Bersani. Max Conti, che ufficialmente sarebbe un bersaniano, muove la prima pedina per passare nel campo dell’aziendalista Renzi, pubblicando un manifesto dove, tra le altre amenità, si leggono queste parole:

    Ieri sera 19 aprile 2013 ho personalmente contattato i nostri parlamentari Misiani, Carnevali, Sanga per metterli al corrente della nostra incazzatura e la nostra delusione. Lo stesso ho fatto con il segretario provinciale Riva Gabriele. Hanno compreso benissimo la gravità della situazione e sono coscienti che è in ballo la sopravvivenza stessa del partito.
    Lo scambio dialettico con loro è stato molto duro, non ho usato mezze parole, ma non mi sento di scusarmi con loro che hanno avuto la nostra fiducia votandoli. Li ho invitati a venire nel circolo di Curno per spiegarci come siano potuti avvenire fatti così gravi.

    In sostanza, Max Conti vuol far sapere al popolo di Curno che lui è un gran fico, un possibile leader carismatico, uno che non le manda a dire. Fa sapere ai cittadini che lui è «incazzato» con il Pd. Si capisce, in particolare, che è «incazzato» (scrive proprio così) con Bersani. Proseguendo nel delirio di fichitudine e onnipotenza fa sapere ai cittadini che addirittura lui, Max Conti in persona, ha trattato male i dirigenti del partito, con i quali ha avuto uno «scambio dialettico» duro, del quale tuttavia non deve scusarsi. Anzi, devono essere dirigenti di partito a venire a Curno, per scusarsi personalmente con Max Conti, un vero leader, in prospettiva più carismatico dello stesso Pedretti, l’amico fraterno che da sempre Max Conti considera esempio da imitare (conigli mediatici compresi).
    Naturalmente, i dirigenti di partito non dovevano sapere niente del manifesto, ma noi di Nusquamia abbiamo rotto le uova nel paniere: così la strategia pedrettesca del Max Conti, impedrettato forse anche più della dott.ssa Serra (ed è tutto dire) è stata smascherata e sbeffeggiata. Dopo la pubblicazione del manifesto su Nusquamia, Max Conti si è verisimilmente preso una lavata di capo, invece di ricevere le scuse che pretendeva (per essere precisi, che diceva di pretendere: sperava di far fessi i concittadini senza che i dirigenti di partito ne sapessero niente). Ovviamente, i dirigenti di partito non hanno inteso facilitare il salto della quaglia di Max Conti, i «nostri parlamentari Misiani, Carnevali, Sanga» non hanno preso l’aereo da Roma per recarsi nel paesello con il capo cosparso di genere, per strisciare davanti a un Max Conti incazzato. Non si sono scusati con lui, per l’occasione togato, con corona d’alloro sul capo, e in posa da Nerone. Anzi, pare che gli abbiano detto: “Alla prima che mi fai, ti licenzio e te ne vai”.
    La storia finisce così, abbastanza miserevolmente: dopo la strombazzata del manifesto e dopo la sua pubblicazione su Nusquamia, Max Conti si precipita in via dei marchesi Terzi di Sant’Agata Viendalmonte, dove si trova la bacheca della sezione curnense del Pd, strappa il manifesto e per la rabbia ne mangia i brandelli.
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    2. Papa Francesco trascinato a forza nella palude della politichetta curnense

    Dopo quel manifesto ridicolo, improvvido e autolesionista, è venuto il ta-tze bao, vergato da Pepito el memorioso, con il quale il Pd di Curno – udite, udite! – ha addirittura osato mettere cappello su Papa Francesco. Si veda l’articolo di Nusquamia Questa è una risposta al ta-tze bao della bacheca Pd.
    Il ta-tze bao è indecente, sotto qualsiasi punto di vista lo si voglia esaminare, sia che il Pd di Curno pretendesse di rubare e ascrivere a sé il prestigio del pontefice, sia che addirittura pretendesse che il pontefice fosse banditore della campagna di tesseramento della sezione locale. Ma non finisce qui. Come se non bastasse, lorsignori hanno avuto l’impudenza di toccare due temi che avrebbero avuto tutto l’interesse a lasciar perdere. Ricordano compiaciuti le parole del Papa contro l’egoismo proprio loro due, il Max Conti, che è un aziendalista, e Pepito el memorioso, che vende il bar ai cinesi e fa come Crapa Pelada, che «l’ha fa’ i turtei, ghe ne dan minga ai suoi fradei». Gli egoisti sono loro, ma pretendono che siano gli altri. Ricordano la presa di posizione del pontefice sull’indifferenza proprio loro che, al seguito della dott.ssa Serra, furono eticamente indifferenti allo strame dell’art. 18 dei Diritti dell’uomo che il Pedretti avrebbe messo a segno, se la sua blasfemìa [*] non fosse stata fermata dalla mano del sindaco.
    Diciamo la verità: il ta-tze bao di appropriazione delle parole del Papa è stata una vera e propria porcata.
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    3. La piccola porcata: plaudono alla sconfitta della politica decretata dalla condanna di Berlusconi

    Qualcuno scrisse qui su Nusquamia: vedrete che Max Conti e Pepito el memorioso, adesso che si sono resi conto della porcata del ta-tze bao, troveranno la scusa per levarlo di mezzo. Aveva ragione. Ecco infatti venuta la scusa: la condanna di Berlusconi e la sua probabile messa fuori gioco. Oddio, i giochi non sono ancora giocati tutti: infatti, Berlusconi potrebbe guidare l’opposizione da un’isola del Pacifico (non mi direte che espatriare clandestinamente è un’impresa impossibile); oppure, accettando gli arresti domiciliari, potrebbe accreditarsi come resistente e martire. In altre parole, il berlusconismo uscirebbe da questa sconfitta giudiziaria rinvigorito politicamente e Berlusconi giocherebbe da condannato il ruolo che Craxi intendeva impersonare, dalla postazione di Hammamet, se non fosse stato tradito da Claudio Martelli e da Giuliano Amato.
    Comunque, ammettiamo invece che Berlusconi sia veramente fuori gioco. Ebbene, come possiamo interpretare diversamente questo suo “sbalzo dal campo” (dopo la “discesa in campo”), se non come una sconfitta della politica? I signori similprogressisti avrebbero dovuto sconfiggere Berlusconi politicamente, se non avessero cazzeggiato, accarezzando da sempre una sconfitta giudiziaria che alla fine è venuta, ma solo dopo vent’anni di logoramento. Il guaio è che il logoramento è stato del paese, e non solo del fronte similprogressista.
    Ma è praticamente inutile discutere l’argomento della sconfitta giudiziaria di Berlusconi in questa sede, semmai lo faremo in un articolo a parte. [**] Perché in questa sede il tema è che i signori del Pd locale non ne indovinano una: scrivono un manifesto cazzone e lo strappano; poi preparano un ta-tze bao che è una porcata indecente, trattandosi di appropriazione indebita delle parole del pontefice: si rendono conto dell’errore e aspettano l’occasione buona per far sparire anche questo manifesto; infine, trovano la scusa nella battaglia giudiziaria dalla quale Berlusconi esce sconfitto, che dovrebbe concludere la guerra dei vent’anni. Sostituiscono il manifesto precedente, una grande porcata, con questa porcatina di nuovo manifesto, quello che vedete in testa all’articolo.
    La verità è che questa guerra antiberlusconiana il fronte similprogressista l’avrebbe vinta da un pezzo, anzi non sarebbe nemmeno cominciata, se quest’accozzaglia di politici professionisti e rottami della cosiddetta società civile fosse stata un po’ più progressista e un po’ meno traditrice della classe operaia, se avesse avuto intelligenza politica, se non fosse stato leccaculo nei confronti della finanza parassitaria e usuraia (servi dei servi di Mammona: che schifo!) e dei grands commis de l’État, meno succube di un sindacato immobilista, fondamentalmente conservatore, dimentico della lezione di Di Vittorio e appiattito sugl’interessi delle masse impiegatizie inerti.
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    [*] Nota linguistica, in onore della terza F – Secondo il Dop – Dizionario d’ortografia e pronunzia, si può pronunciare blasfemìa (con riferimento diretto al greco βλασφημία) o blasfèmia, ipotizzando che la parola blasphemia nel tardo latino (ecclesiastico) fosse sentita come parola latina: pertanto l’accento si sarebbe ritratto, per la legge del trisillabismo.

    [**] Del problema del salvacondotto, invece, del quale si torna a parlare insistentemente questi giorni, ci siamo occupati nell’articolo Sulla pacificazione e sulla non eleggibilità di Berlusconi.

    • Giòsep str. permalink

      Essendosi in tema di porcate, i nostri amati “manifestanti” sono per caso amici di Robertino Calderoli? Sembrano cresciuti alla sua scuola…

  3. Giuli permalink

    Esposito molto più che un presidente di Corte di Cassazione, chiamarlo giurista è sminuirne la figura, egli è e resta o’meglio chille ca non sa e non può sapere a’ grandissima str c’a fatto. Eccola là la demenza de chisto sistema giudiziario, per le questioni più difficili non ci si affida al migliore, ma a chi capita secondo un meccanismo perverso. Ma quale paese civile: i francesi che con Bartali avevano smesso di ridere (copyright Paolo Conte), ora si sbellicano. Grazie Italia.

    • Luigia de Giuli permalink

      Prevedo che, come giustamente si pensa in famiglia (anche la mia zietta mi sembra la pensi così), poiché così come non si dà società senza diritto – ubi societas, ibi jus – non si dia nemmeno società ove non esista diritto – ubi iniustitia, ibi individualitas seu robur, la società riunita sotto l’egida nazionalista italiana non possa durare ancora relativamente a lungo. .

      • Giuli permalink

        Luigina, Luigina, sei una gran birichina, mi hai spiato fregandomi l’indirzzo mail appena torno ti insegno l’educazione. Purtroppo sei più alta di me di almeno 20 centimetri. Sono però contenta che tu abbia tratto profitto da quanto scrivevo 20 anni fa, solo un consiglio mia cara Luigina, se vuoi comunicare scrivi in modo più semplice migliora l’uso della punteggiatura, vedrai che così saremo meglio accolte a Vienna. Un caro abbraccio.
        La zia.

      • Luigia de Giuli permalink

        Ciao, zia! Bello il mare marchigiano? Oggi, però, dopo consultazione degli astri (e del metéo), prevedo nuvole e piogge sparse.
        [Giuli, se nelle Marche beve Verdicchio, mi raccomando, che sia quello buono, mica quello che vendono ai megacentri commerciali, imbottigliato nei vetri verdi. Semmai nei centri commerciali ho visto che si può trovare un buon Chardonnay siciliano. Vero è che non posso dirmi un esperto, soprattutto a fronte di un famoso personaggio orobico, politico territoriale trombato, ma pur sempre anglista, esteta e grande intenditore di architettura moderna, nonché sommelier specializzato nella degustazione di vino Chardonnay, appunto. Sarà anche politicamente trombato, ma queste competenze non gliele può levare nessuno. N.d.Ar.]

      • Giuli permalink

        Cara ci hai azzeccato anche stavolta, visto il tempo sarà mia premura acquistare qualche litro di buon verdicchio dei colli jesini, magari a Loretello uno dei tanti bellissimi castelli che costituiscono il comune di Arcevia, da bere bello fresco con gli amici.

        [Gli amici aspettano fiduciosi di bere un vino onesto con persone oneste. Il miglior vino — qui non c’è Chardonnay che tenga — si guasta, in prossimità di persone poco oneste (“oneste” nel significato che Contini individuò nel famoso sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”; per i gatti padani: Contini è un critico letterario, non è un membro della famglia Conti, curnense). N.d.Ar.]

      • Santeno dès grandes lavronnes permalink

        Oh, voi, coppia zia e nipote (lo devo dire alla Colombina che siete interessate al Legambiente-Lgbt, come dice Quisa, così vengo anch’io?), visto che sapete delle leggi dei romani oltre che di quelle degli astri (è proprio vero: la nipote è quella degli oroscopi alla mattina su Canale 5),
        perché dopo che a Bossi, ai due Pedretti, al Robertino Calderoli, al Belotti, al Bianchi e a tutta la ciurmaglia non fate le carte anche a bobibersani, dicendo qualche giaculatoria in latinorum? Un festoso bau!, bau! a tutti, con scodinzolìo e pisciatina.

        [Ma Bersani non è ormai fuori gioco? Non vorrei passare per romantico, ma provo simpatia per i perdenti rassegnati, dignitosi, senza sparate mediatiche: lasciatemelo dire, “signori”. Poco per volta Bersani sarà abbandonato da tutti. Gli rimarranno il sigaro, il boccale di birra, le buone letture in una prospettiva culturale non aziendalista, e la moglie farmacista (che è una signora in gamba, mica una virago determinata, da quel che ho capito, leggendo fra le righe un’intervista, mi pare sul settimanale del Corriere della Sera). N.d.Ar.]

  4. Nicola. permalink

    Presso l’ultimo consiglio comunale, gli amministratori hanno prefigurato dal bilancio appena approvato una nuova uscita di denari pubblici (8.000 €.) con la voce di spesa:- impianto casetta per abbeverare i curnensi con acqua fresca e a pagamento. Per essere maggiormente comprensibile dirò, come quella installata nel paesino poco distante denominato Ponte San Pietro. Bello, stupendo; abbiamo l’acqua potabile che è tra le migliori al mondo e lor signori cosa fanno? Vogliono convincerci che quella dei distributori automatici a pagamento sarà migliore? L’acqua utilizzata arriverà sicuramente da un ghiacciaio poco distante, oppure da San Pellegrino boh.
    Perché per l’acqua l’amministrazione straordinariamente comprensiva dei bisogni dei curnensi fa pagare ai curnensi il distributore? e perché quando la stessa cosa la fece il sindaco Gandolfi con il distributore del latte, lo tacciarono di essere uno spendaccione? Ma lo sanno gli statisti di Curno che la rimpianta amministrazione Gandolfi non ha speso un bene amato centesimo per la concessione distributrice del latte?
    SerraContiBenedettiGambaCavagnaRizzoConsolandi, fenomeni e spendaccioni. C’è crisi? poco fotte, tanto i soldi non sono loro.

    • L’abbeveratoio municipale differito come “testimonial” assessorile

      L’abbeveratoio municipale differito (con acqua da asporto, cioè: ci si abbevera a casa) è di gran moda, da qualche anno, soprattutto nei paesi e paesucoli i cui cittadini sono ritenuti grulli. La sua funzione non è abbeverare i cittadini, che dal rubinetto berrebbero la stessa acqua, ma quella di “testimonial” assessorile.

      Digressione antiaziendalista – Proprio così, “testimonial” come si dice nel linguaggio sporcaccione dei markettari. Se un attore famoso dice “Vedete i miei denti come sono belli? Io li lavo con la Pasta del capitan Schettino”, questa solenne infinocchiatura (i denti dell’attore sono belli senza alcuna relazione con la Pasta del capitan Schettino) la chiamano pudicamente “testimonial”, per non chiamarla con il suo vero nome, infinocchiatura, o, volendo parlare in punta di lingua, “monito fallace”.

      Dunque funzione dell’abbeveratoio differito è quello di ammonire i cittadini: guardate, sudditi, come noi assessorucoli vi vogliamo bene, guardate come siamo solleciti dei vostri bisogni: in cambio, voi ricordatevi di votarci ancora. Bella e sfrontata, inoltre, l’argomentazione di supporto (devono averla sentita in qualche corso di formazione con proiezione di slàid di Power Point): “Inoltre, così facendo, noi favoriamo l’integrità ecologica del pianeta, perché dissuadiamo i cittadini dall’uso della plastica”. Perché, scusate, se io apro il rubinetto di casa mia, dov’è l’uso della plastica? Non so se l’abbeveratoio differito di Curno fornirà acqua addizionata di anidride carbonica. In tal caso, più onestamente, avrebbero dovuto dire: così i cittadini non comprano l’acqua gassata al supermercato, che è venduta in bottiglie di plastica. Almeno abbiate il coraggio di dirlo. Controbiezione: ma voi, allora, volete diffondere l’uso dell’acqua gassata, che notoriamente è nociva, se non ai più, almeno a molti!?
      Insomma, l’abbeveratoio differito o è inutile o è potenzialmente nocivo, almeno per una parte della popolazione. Ha invece una funzione propagandistica, come tante iniziative “extra” delle amministraziioni comunali, come i giornaletti comunali, per esempio (24035 Curno, Bg era un’eccezione: non aveva funzione culilingua e propagandistica, ma di promozione di un dibattito sulle ragioni della politica: non era assessorile, perciò era odiato, perciò i similprogressisti si gettarono a corpo morto e scodinzolanti sulla mozione della vendetta, di iniziativa pedrettesca, votando insieme al leader territoriale ormai collassato, per la soppressione del giornale impertinente).
      L’abbeveratoio esiste anche come sfogo per lo stato di agitazione perenne del quale sono pervasi gli amministratori locali. Fare il loro dovere, possibilmente in silenzio, cioè amministrare bene, pare che faccia loro schifo. No, loro devono agitarsi, devono “fare”, nel senso di “far vedere di fare”. Perciò s’inventano, in tempo di vacche grasse, opere pubbliche schifosissime (gli esempi in casa nostra non mancherebbero: non mancano a Firenze e Roma, figuriamoci a Curno!). In tempo di vacche magre, si contentano dell’abbeveratoio differito. Da questo punto di vista (e solo da questo), la crisi è una benedizione. Non ci fosse la crisi, questi avrebbero cominciato da capo, felici come pasque, perché il gioco del piccolo Nerone è uno dei loro preferiti. Che si contentino dell’abbeveratoio e delle commissioni di nani e ballerine! (A proposito, ma non sarà mica vero quel che ha scritto un lettore di Nusquamia, che intenderebbero costituire una commissione Lgbt?)

  5. MArta permalink

    Ci sarebbe una parola per definire i viveurs, questi politicanti imbroglioni e “sinistri”, una parola che comincia per elle e finisce per i.

    [Di quante lettere? N.d.Ar.]

  6. Max permalink

    Lgbt? e che cos’è! Preferisco l’abcd al ddt del kgb. No alla superscazzola.

    Purtroppo, Signor Aristide, devo confermarle il timore. La commissione s’ha da fare.
    [Eh, no. Mostratemi, per favore, il documento ufficiale. Se è così, non gliela facciamo passare liscia. I membri della commissione da chi saranno scelti? N.d.Ar.]

    Sarà bello vederli sfilare come fenomeni da baraccone, privati della dignità di esseri umani. (Alcuni se lo meritano, anche. Ma non solo i facenti parte dell’ acronimo schifoso, -schifoso in quanto odio tutti i tipi di acronimi-, pure quelli che si ritengono “normali”.)
    Siate persone con la testa sulle spalle e in questo caso diremo loro che non ci stiamo a farci trattare da persone di rango inferiore e affanculo loro e le loro false intese.
    Amministrazione incompetente, freudianamente isterica e complessa, prima promettono (vedi associazioni assortite) immancabilmente non mantengono, lo stesso dicasi dell’aumento IMU ex ICI ex ISI, (imposta straordinaria sugli immobili: straordinaria capite? Grazie ad Amato e culitergi) che a parer loro non lo avrebbero neppure adottato.
    Pfui.

    • Mara permalink

      Mi scusi, Max, ma fra le caratteristiche che servono per essere scelti ci sono anche certe misure di valutazione?

  7. Max permalink

    Mi dissero che durante l’ultima seduta del consiglio comunale, ha preso la parola, credo fosse la giovane Colombo, che con fare molto determinato e assoluto, sotto il bene placido sorriso della sindaca-sindachessa o sindaco Serra, ha espresso questo desiderio, quello di istituire la commissione. Mi sbaglierò forse. Per quanto riguarda la documentazione ufficiale della proposta in questione non sono in grado di produrre il documento. Penso sia bastevole recarsi in municipio e sentire se è stato protocollata (se così si dice) la parte del di lei intervento.

    • Affinità permalink

      Pedretti presidente!

      • Santeno dès grandes lavronnes permalink

        Mi sembra sicuro del ruolo e molto degno. Bravo! È con viva e vibrante soddisfazione che approvo tale unanime designazione. Dal Colle (di san Vigilio), lì 17 agosto 2013. Giorgio II^ imperatore.

  8. Canfora permalink

    Per Aristide.
    Guardi che meraviglia, la gadgettistica persevera e perversa ininterrotta.
    E’ proprio vero che alcune cose non cambieranno mai.

    http://www.affaritaliani.it/politica/salvini-serrata-comuni-autunno1308.html

    • Costanza di via San Martino della Pigrizia permalink

      Qui ad Atene noi facciamo così.
      Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
      Qui ad Atene noi facciamo così.
      Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
      Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
      Qui ad Atene noi facciamo così.
      La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
      Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
      Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
      Qui ad Atene noi facciamo così.
      Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
      E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
      Qui ad Atene noi facciamo così.
      Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
      Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
      Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
      Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
      Qui ad Atene noi facciamo così.

      Pericle – Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.

      • Una mistificazione “democratica”

        Sì, questo è il famoso discorso di Pericle — tratto da La guerra del Peloponneso di Tucidide, pronunziato in commemorazione dei defunti della guerra del Peloponneso. Ed è un discorso parecchio mistificato (dalle sciacquette, dalle maestrine dalla penna rossa, non dagli studiosi seri), perché si pretende che qui Pericle faccia l’elogio della “democrazia”, mentre è vero tutto il contrario: Pericle intende difendere Atene dall’accusa di essere una democrazia. Dice che «viene chiamata democrazia» (δημοκρατία κέκληται), ma il sistema politico (πολιτεία) ateniese è molto meglio che il governo del popolaccio, e spiega perché.
        Presso i greci, infatti, “democrazia” (δημοκρατία) significava dominio del popolaccio. Qui Pericle esalta semmai il principio di “isonomia”, cioè dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Ora, ammettiamo che, in buona fede, con le migliori intenzioni, quel che i Greci chiamavano “isonomia” possa oggi esprimersi come “democrazia” (attenzione però alle storture aggiunte: secondo i serrani, per esempio, sarebbe democratico chinare il capo davanti agli “attori del territorio”, come vorrebbe la truffaldina “cultura dell’ascolto”: ebbene, questo è chiaramente in contraddizione con il principio isonomico, come pure contrasta con il principio democratico della rappresentanza politica dei governanti).
        Ammessa dunque la buona fede di chi, sbrigativamente, confonde i concetti di isonomia e democrazia, questo non giustifica la malafede della traduzione che leggiamo al secondo capoverso del brano sopra riportato:

        Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

        La traduzione corretta invece è:

        Usiamo per designare il nostro sistema politico […] un nome che è detto democrazia per il fatto che l’amministrazione riguarda non i pochi, ma i più.

        Non è la stessa cosa: un conto è esser chiamati “democrazia”, altro è essere democrazia. Pericle afferma che l’eccellenza di Atene deriva dalla libertà dei cittadini e dalla loro eguaglianza davanti alla legge, non dalla δημοκρατία. Per questo Atene è «scuola dell’Ellade». [*]

        La traduzione “politicamente corretta” di quella frase di Pericle è dunque un falso, se non è cialtroneria. Non sono io a dirlo, lo dicono le persone serie: fra questi, Luciano Canfora (che è un grecista di fama internazionale, sempre che il Pedretti da Curno, come fece con l’arch. Bodega, parimenti di fama internazionale, non abbia qualcosa da dire contro, organizzando manifestazioni, commissionando gadget, mobilitando i culilingui e suonando il piffero incantatore, al cui suono Max Conti e dott.ssa Serra non sanno resistere).

        Quel falso si trovava anche, in funzione di “frase ad effetto” (perché le nostre mutande tremassero, evidentemente), in epigrafe al preambolo della Costituzione europea. Poi si resero conto della topica e lo levarono. Mi sembra giusto: adoperiamo pure la parola “democrazia” in senso moderno, ma non per questo dobbiamo permetterci di stuprare il pensiero di Pericle. Ma diamo la parola a Canfora, che denuncia il falso in questi termini:

        Nel preambolo della Costituzione europea le parole del Pericle tucidideo si presentano in questa forma: «La nostra Costituzione è chiamata democrazia perché il potere è nelle mani non di una minoranza ma del popolo intero». È una falsificazione di quello che Tucidide fa dire a Pericle. E non è per nulla trascurabile cercar di capire perché si sia fatto ricorso ad una tale “bassezza” filologica.
        Dice Pericle, nel discorso assai impegnativo che Tucidide gli attribuisce: «La parola che adoperiamo per definire il nostro sistema politico [ovviamente è modernistico e sbagliato rendere la parola politèia con “costituzione”] è democrazia per il fatto che, nell’amministrazione [la parola adoperata è appunto oikèin], esso si qualifica non rispetto ai pochi ma rispetto alla maggioranza [dunque non c’entra il “potere”, e men che meno “il popolo intero”]». Pericle prosegue: «Però nelle controversie private attribuiamo a ciascuno ugual peso e comunque nella nostra vita pubblica vige la libertà» (II, 37). Si può sofisticare quanto si vuole, ma la sostanza è che Pericle pone in antitesi “democrazia” e “libertà”.

        Sia detto per inciso (nella speranza che le sciacquette si diano una calmata): politicamente Luciano Canfora è un uomo di sinistra: è, o era, di Rifondazione comunista. Dunque non è un nemico della democrazia, intesa in senso moderno (anche se, in quanto marxista — immagino — Canfora avrà qualche difficoltà a dare rilevanza politica a certe tematiche Lgbt, proprie della cosiddetta “società civile”).

        So che l’argomento è difficile, che la sciura Rusina vuol sentire altre cose, che Aristide non dovrebbe affrontare questi argomenti, soprattutto non in questo modo, e che Casaleggio e Giorgio Gori c’insegnano che non è così che si fa ecc. Ma il fatto che l’argomento sia difficile non giustifica che si saccheggi a man bassa il discorso di Pericle e lo si mistifichi. Per esempio, Paolo Rossi, il comico, un giorno recitò questo brano, in chiave antiberlusconiana, sempre con quella traduzione mistificata. Le damazze radical chic, vestite di straccetti costosissimi nelle terrazze romane e nei salotti milanesi, erano commosse: dicevano «Pericle è nostro!», proprio come Pepito el memorioso e Max Conti, leccando coni-gelato nelle vie di Curno, davanti a quel loro ta-tze bao vergognoso, esclamavano: «Papa Francesco è nostro, è nostro!».
        Chi volesse approfondire l’argomento, con dovizia di citazioni e riferimenti bibliografici, può leggere l’articolo Europeisti alle vongole.

        ————————————————-
        [*] Nell’originale greco: «Xρώμεθα γὰρ πολιτείᾳ […] καὶ ὄνομα μὲν διὰ τὸ μὴ ἐς ὀλίγους ἀλλ’ ἐς πλείονας οἰκεῖν δημοκρατία κέκληται».

      • Giuseppe permalink

        Questa è una grande lezione di comunicazione di storia della teoria politica, applicabile e utile in qualunque tempo, in qualunque luogo e in qualunque situazione la si voglia funzionalmente applicare.

  9. Giuseppe permalink

    Scrive Aristides (per gli aziendalisti: non si legge Aristaides) in un simpatico “Avviso ai naviganti” che la pagina nella quale si è discusso dell’iscrizione del Papa alla sede PCC di Curno, sezione asseverante del PD, avendo raggiunto un numero di commenti prossimo alla saturazione, richiede il trasferimento dei successivi commenti su una pagina più recente, come questa.

    Alcuni commenti, quelli più leggerini e sfruculianti…, varietatis causa, nei limiti del possibile, saranno ancora pubblicati purché indirizzati ad altra pagina. Tali sono, per esempio, i commenti del tipo: Nusquamia dovrebbe usare un linguaggio diverso, Nusquamia dovrebbe usare metodi diversi e toccare temi diversi, Nusquamia dovrebbe “diversizzarsi” e aprirsi a nuovi sistemi di comunicazione ecc. (“diversizzarsi” è detto in linguaggio bobomaronita, ma in italiano si dice “diversificarsi” e, meglio ancora, “differenziarsi”).

    Per la verità non mi è mai capitato di leggere esortazioni del genere, che sarebbero in contraddizione con l’apertura e libertà culturale dei commentatori e, soprattutto, del dominus di questo sito di altissimo esercizio intellettuale, cui i commentatori stessi debbono grazie.
    Sarebbe, in un certo senso, come cercar di mettere una mordacchia di diverso tipo, ma che sempre mordacchia è, ad Aristide e ai suoi commentatori, un po’ come ha proposto di fare il dottor Consolandi, ex P.C.I., col dott. Gandolfi.
    [Infatti: un conto è dire: bisognerebbe recapitara ai cittadini un giornale, tipo ‘lo Schiaccianoccioline’, ecc.: vedi risposta. N.d.Ar.]

    Altra cosa è, invece, la valutazione e l’uso che ciascuno può liberamente fare della fruizione della frequentazione del sito, nell’ambito professionale, culturale, politico etc… È proprio un altro paio di maniche…

    • Riflessione sulla libertà dai condizionamenti politici e d’altro tipo, sull’anarchismo metodologico e sul prestigio di Nusquamia

      Un conto è dire: bisognerebbe recapitare ai cittadini un giornale, tipo lo Schiaccianoccioline (che li rendesse edotti delle ultime topiche dei similprogressisti e del gioco delle tre slàid di PowerPoint), e contestualmente quotarsi e farsi promotori di una raccolta di fondi (quella che i coglioni delle pubbliche relazioni, per lo più ignoranti come capre, ma con pretese di fichitudine internazionale, chiamano ‘fund raising’), altro è dire che Aristide, o Gandolfi, devono fare questo o quello. Dirlo, cioè, irresponsabilmente, senza uscire allo scoperto (varrà la pena ricordare che Aristide è stato denunciato, e che il Pedretti era molto orgoglioso del fatto che, pur avendo egli perso la causa, fosse riuscito a far scucire ad Aristide i soldi per l’avvocato: anche lui affrontò le spese di quella denuncia senza fondamento, anche più, è vero: ma a lui che gli frega? Quando ha bisogno di pagare una cena ai culilingui, di offrire vino Chardonnay o di comprarsi un gingillino, lo fa pagare ai cittadini lombardi).
      Se noi pretendessimo di fare quello che non è nella nostra disponibilità di fare, diventeremmo schiavi dei partiti o degli attori del territorio. E se io fossi schiavo, quello che scrivessi su Nusquamia non varrebbe una cicca. Perché aveva ragione Omero: «Zeus dalla voce possente toglie la metà del valore / ad un uomo, appena lo umilia il servaggio» (Od., xvii, 322-23).
      Fra l’altro non bisogna intendere che gli attori del territorio siano necessariamente i soliti palazzinari, nel solco di una consolidata tradizione, del resto ben nota. Questi attori potrebbero essere la McKinsey, la multinazionale che prepara le slàid (e non solo) a Renzi o, a livello lombardo, alcuni investitori furbacchioni, i quali hanno capito che il sistema dei partiti sta crollando e che potrebbe essere interessante diversificare gli investimenti, per esempio acquistando quote di Nusquamia, o di Gandolfi. Ma, come ho già espresso in un altro commento, il prestigio di Nusquamia e di Gandolfi — su scala curnense, ovviamente — non solo è di valore inestimabile, ma non è in vendita. Nusquamia è “condivisibile” con chiunque, è aperta a qualsiasi arricchimento, ma se da un lato non pretende contropartite, non è disponibile d’altra parte a pagare diritti di marketta, pur di aumentare la propria visibilità sul mercato, [*] come fanno le aziende che si affidano a giornalisti markettari per operazioni di pubblicità ingannevole (che fra l’altro sarebbe perseguibile a norma di legge). A fortiori, Nusquamia non può essere data in concessione a costo zero, come avviene a chi vien fatto fesso e si fa soffiare un patrimonio sotto il naso: non può certo finire nelle grinfie dei partiti, non in quelle di gruppi d’investitori (come quelli che a Bergamo stanno investendo su Giorgio Gori sindaco), non può essere cooptata da logge esoteriche (il potere si ammanta di esoterismo: non lo sapevate?) o da cordate di potere che fanno i loro porci interessi nel nome di Colui che morì sulla croce, del genere Compagnia delle Opere et simil.
      Insomma, se uno mi dice che devo fare Nusquamia diversamente, che devo sterzare, ma non mi vuol dire dove approderebbe la sterzata, né le sue intenzioni, io mi metto sul chi va là. e poi, perché me lo dice? Come quando uno mi parla di “nuovi metodi”: quali? E, ammesso che quei metodi siano individuabili e razionalmente acquisibili (senza iniziazione esoterica), perché dovrei adottare un metodo che non mi è congeniale? Perché me lo dice Casaleggio? Senza contare che (anche questo l’ho già scritto) solo la libertà dal metodo consente di pervenire a soluzioni nuove nei momenti di crisi. Politicamente, infatti, e non solo politicamente, stiamo vivendo un momento di crisi: come nelle rivoluzione scientifica, questo è il momento di spezzare le catene del paradigma tràdito. (Spero di non essere frainteso: non disprezzo il metodo, che ha i suoi vantaggi, in termini di celerità di acquisizione dei risultati e funzionalità, cioè sicurezza del risultato ecc.: ma il metodo lo devo scegliere io, non mi deve essere imposto.)
      Concludendo: Nusquamia e l’opposizione di Gandolfi hanno un grande prestigio, ogni falsa modestia qui sarebbe soltanto ipocrisia: abbiamo avuto tutti contro, abbiamo affrontato la calunnia, il dileggio, la denuncia. Eppure abbiamo disarmato il Pedretti, abbiamo fatto incagliar la nave dl Pdl comandata da un improvvido capitano Schettino, abbiamo smascherato il volto cinico e diversamente intelligente di Bobomaroni, gli aziendalsimilprogressisti hanno l’acqua alla gola. Sanno che appena aprono bocca potrebbero affogare, perciò sono ipocritamente sobri. Siamo consapevoli del nostro prestigio e ne siamo orgogliosi. Non abbiamo intenzione di svenderlo o di consentire che sia distorto a fini eterogenei (come usa dire). La nostra impronta è libertaria, razionalista e umanitaria (senza fanatismo, ovviamente) e tale intendiamo che rimanga. Se non commettiamo passi falsi, il nostro prestigio ha anche un certo valore elettorale. Anche per questo (ma non solo per questo) non bisogna commettere passi falsi.

      ————————————————————
      [*] Per questa ragione abbiamo stabilito fin da principio di non curarci più che tanto di certe vecchie bagasce come la sciura Rusina, colei che ha avvelenato il marito per godersi da sola la pensione di reversibilità. A quella pensava il Pedretti, che la ingozzava di panettone. Adesso che il Pedretti è collassato, alla malefica Rusina penseranno i similprogressisti. A noi non interessa, anche perché per intavolare un discorso con lei occorrono argomenti pedretteschi, come il panettone ecc., che non intendiamo usare. Ci mancherebbe altro, che sporcassimo tutta una vita di specchiata probità intellettuale, ricorrendo a certi argomenti, ai gadget, alle schifosissime sparate mediatiche. Ci interessa conversare con coloro che hanno una vita davanti: anzi, che l’avrebbero, se i similprogressisti, venduti al mondo dell’usura e incapaci di trovare soluzioni di liberazione delle masse impiegatizie inerti, non avessero rubato alle nuove generazioni tutto, compresa la cosa più preziosa, la speranza.

  10. Max permalink

    @ Mara
    Non so con quale metro si potrà misurare la valutazione. Qualora si verificasse la pretesa scelta farò presente.

    [Sono certo che non state pensando a Rocco Siffredi.
    Comunque, ecco il sogno dei nostri similprogresssiti: organizzare anche a Curno una bella carnevalata, come quella che vediamo nella foto qui sotto, ripresa al Foro italico di Palermo, nel corso del “Gay pride 2012”, giornata dell’orgoglio del culetto allegro. In occasione del Gay pride di quest’anno (22 giugno 2013) il sindaco Leoluca Orlando Cascio (non diemntichiamo “Cascio”) indossò un boa di struzzo graziosamente colorato di viola, il colore “istituzionale” degli Lgbt. Tina Pica commenterebbe: «Che schifo!».
    E la dott.ssa Serra, come si presenterà?
    N.d.Ar.]

    Gay pride 2012

  11. Augusto 18 A.C permalink

    Buon Ferragosto a tutti i buoni lettori di questo diario che in modo costruttivo e continuativo e contemplativo, demonizza, mistificando, le malefatte dei blasfemi aziendalisti che a posteriori azzardano (non riuscendoci) l’acchiappo della libertà condivisa.
    Il termine Ferragosto deriva dal latino:- feriae Augusti (riposo di Augusto) che indica una festività istituita dall’imperatore Augusto nel 18 A.C. per celebrare la fine dei principali lavori agricoli. L’antico Ferragosto aveva lo scopo di collegare le principali festività agostane per fornire un adeguato periodo di riposo, dopo le grandi fatiche sofferte nei campi di lavoro.
    Buoi, asini e muli venivano dispensati dal lavoro e agghindati con fiori.
    Nell’occasione, i lavoratori porgevano auguri ai padroni, ricevendo in cambio una mancia.
    Durante il ventennio fascista, alla tradizione popolare della gita di Ferragosto, venivano organizzate, attraverso le associazioni del dopo lavoro centinaia di gite popolari, grazie all’istituzione dei “Treni popolari di Ferragosto”, con prezzi fortemente scontati.
    L’iniziativa offriva la possibilità alle classi sociali meno abbienti di visitare le città italiane per raggiungere le località che sino ad allora erano impensabili.
    L’offerta era limitata ai giorni strettamente vicini al 15 di Agosto e comprendeva “Gita di un sol giorno”, e della “Gita dei tre giorni”.
    Durante queste gite popolari la maggior parte delle famiglie italiane ebbe per la prima volta la possibilità di vedere con i propri occhi il mare, la montagna e le città d’arte. Da questa opportunità, dal momento che la gita non comprendeva il pranzo, si dette il via al pranzo detto al sacco. (ancor oggi fortemente in uso)
    In Lombardia fino ai primi decenni del XX secolo, era uso “festeggiare il ferragosto” che consisteva da parte del “padrone” donare denaro o beni commestibili ai lavoratori, in modo che le famiglie potessero trascorrere lietamente il giorno di Ferragosto.
    P.S.
    Auguriamoci che i serrani vogliano ripristinare la festività collettiva, organizzando gite condivise a prezzi sociali e civili in quei luoghi di culto tipo: scuole nuove, auditorium, bibbliomammare ecc.
    Pare che il fascismo abbia fatto cose concrete per il popolo e io che credevo fossero solo uomini neri.

    • Mistiche istituzionali a confronto: quella fascista e quella serrana • Le opere pubbliche del fascismo

      La ringrazio per le sue puntuali informazioni. Le confesso che non sapevo niente dell’opzione “Gita di un giorno” e “Gita di tre giorni” ferragostani: sull’Enciclopedia pratica della casa, pregevole opera in due spessi volumi di grande formato (Garzanti, Milano 1940 . XVIII), credo non se ne parli, forse perché pubblicata in tempo di guerra. Andrò a vedere, comunque, in particolare alla sez. XVII: “Il cittadino, il fascista, il soldato, il credente”. Se troverò qualcosa di interessante, glielo farò sapere.
      Basta sfogliare quest’opera, e non solo alla sezione citata, per rendersi conto quanto sia ridicola, al confronto, la mistica istituzionale della dott.ssa Serra. Se proprio mistica si deve fare, guardi come si sapeva mistificare un tempo. La scuola di mistica fascista — dalla quale noi prendiamo le distanze in quanto illuministi (ancorché non stricto sensu e, in ogni caso, non “illuminati”), sia ben chiaro — aveva se non altro una base culturale, sotto l’influenza di Julius Evola, con i suoi addentellati nel pensiero tomistico elaborato nell’Università cattolica (per i gatti padani: tomistico = della scuola di san Tommaso, padre della Chiesa), tanto che nel 1937 il cardinale di Milano Ildefonso Schuster fu invitato a tenere un discorso presso la Scuola di mistica fascista, e lui lo tenne. Che cosa sarà mai dunque, al confronto, la mistica istituzionale della dott.ssa Serra? Acquetta, frattaglie pedrettesche, rimasticatura Lgtb. Almeno la mistica fascista — detestabile dal mio punto di vista razionalista, d’accordo — aveva una dignità culturale. La mistica fascista era tragica, la mistica serrana è farsesca.
      Sono d’accordo con lei quando afferma che il fascismo «fece cose concrete per il popolo»: qui e oggi si fanno soltanto opere ridicole e pretenziose, come il Bibliomostro, opere pubbliche schifosissime (mi limito a questo accenno pro bono caritatis), qui si fa una scorreggina (lofia, per giunta: cioè silenziosa ma molto puzzolente) e si pretende che sia un tornado. Tanto per fare un esempio, ho già avuto modo di ricordare, qui su Nusquamia, che «Sabaudia fu costruita dal niente in 253 giorni, senza assemblee di truppe cammellate, senza commissioni Pgt e simili bùbbole. E non mi pare che il progetto sia venuto male».

  12. Calderoli e la strategia di marcatura a zona

    Conte zio e Testitrahus

    Calderoli ha una strategia di logoramento di Bobomaroni di tipo patafisico. Non ci crede molto lui stesso, ma intanto di diverte. Oggi gli dà una gomitata sullo stomaco, ma come accidentalmente, domani lo costringe ad abbozzare sul caso sollevato ad arte sulla Kyenge, un altro giorno ancora gli fa capire che il dominio bobomaronita sul partito non è assoluto. Bobomaroni strabuzza gli occhietti poco vispi, e incassa. Calderoli gode. Nella sua azione di pressing, come si dice in gergo calcistico, il giocatore di talento è lui, naturalmente, il Calderoli. Gli altri membri della squadra del conte zio (= Calderoli) sono pupi, come l’ex politico territoriale, collassato politicamente, fuor di dubbio ma, considerate le vastissime sue ambizioni di un tempo, collassato anche psicologicamente, credo (ritengo che il conforto di Max Conti non gli serva granché): lo vedete nella foto qui sopra.
    Aspettiamo di vedere nel Prosopobiblio dell’ex politico territoriale, oggi semplice militante calderoliano, le sue foto, il più possibile vicino — vicino vicino — al Calderoli: patetico.

  13. Libero permalink

    Che bei pantaloncini di gins (bermuda di jeans) che indossa il Pedro.
    Vuole assomigliare vagamente al Calderoli, il Calderoli però è più naturale e spontaneo.
    A mé,al me fà vègn de grignà. (traduco:-vedendolo mi sfugge un sorriso) quando emula, emula mooolto male. Buuuuh.
    [Avevo fatto la medesima considerazione, osservando la foto. Questa si che è condivisione, o ‘idem sentire’, se i gatti padani mi passano l’espressione (preferirebbero un acronimo coglione, lo so bene). Questa è condivisione vera, spontanea, mica condivisione coatta, come quella serrana.
    Ma perché tutte le espressioni di quel politico territoriale, per nostra fortuna precipitato nel parco dei politici trombati, suscita pena e come un desiderio di un lavacro puriicatore? Quale nume è irato con lui? E non c’è il pericolo che l’ira del nume ricada sui curnensi? Dio non voglia!
    N.d.Ar.]

    • Eccola dunque la foto dei due insieme, vicini vicini, proprio come avevamo previsto (ma non ci voleva molto), pubblicata tempestivamente sul prosopobiblio del politico territoriale collassato. Eccoli, il conte zio e il militante calderolaino factotum: il sorriso è forzato, ma sorridono, come se niente fosse.

      Conte zio_Testitrahus

      Bobomaroni che fa? Sobrio, anche lui. Lui subisce sobriamente. Questo politico territoriale collassato, che vedete qui a sinistra, ha vilipeso i due leghisti dal volto umano FAssi e Donizetti, si è fatto promotore di un gruppo consiliare scissionista, ha ridotto al lumicino la Lega nord di Curno (se non sbaglio era il primo partito), tant’è che non sono riusciti a mandare in Consiglio un loro rappresentante. Questo politico territoriale collassato (dunque ex politico ecc.) è un protetto del conte zio, di Calderoli. Bobomaroni, per parte sua, subisce, pare che gli stia bene così.
      Se la dott.ssa Serra non crea una commissione ad hoc, solo per dargli un minimo di agibilità politica (come si dice questi gionri), il Pedretti (questo è il nome del politico territoriale collassato) è politicamente morto e sepolto. Cioè lo è comunque, ma i serrani lo tengono in vita, con respirazione bocca a bocca e con terapia di accanimento terapeutico (ma di che hanno paura i serrani?). Il dominio su Curno dell’ex bau-bau è polverizzato.
      Consideriamo, infatti, la posizione del ciclista e manager Claudio Corti, seduto in Consiglio come rappresentante di una coalizione Lega nord e Pdl di quinta colonna. Bene, è più che probabile che volterà le spalle al Pedretti, si volgerà tutto a quel che resta del Pdl. Non ci vuol molto a capirlo, basta por mente alla relazione letta dal consigliere Corti nel corso dell’ultima sessione di Consiglio comunale. Claudio Corti, che finora è stato puntello del regime di ammucchiata istituzionale formalmente guidato dalla dott.ssa Serra, ha letto una quasi vibrata protesta nei confronti del regime. Non l’ha fatto per conto del Pedretti, che ha bisogno della neutralità della Serra, nel momento in cui i nodi verranno al pettine, ma per conto di Fausto Corti e Giovanni Locatelli (soprattuto di quest’ultimo), che vorrebbero rientrare nel giro della politica curnense, dalla quale li abbiamo espulsi per sempre, sulla base di un presupposto falso, falsissimo: la necessità di una ricompattazione del centrodestra. Dunque, sperano — anche loro — di appropriarsi di quote del prestigio di Gandolfi. Marameo! E noi abbiamo lottato tutti questi anni per farci soffiare sotto il naso il risultato di un lavoro duro, generoso e intelligente?

      • Ma com’è sensibile, questo denunciatore seriale!

        Scrive, nel suo Prosopoblio, il Pedretti, ex consigliere comunale a Curno, ex consigliere regionale alla Regione lombarda, ex commissario politico della Valseriana, ex tutto, militante semplice e factotum calderoliano:

        La cosa che mi diverte di più è che tutte le volte che scrivo un post o pubblico qualcosa su questa pagina c’è sempre un idiota (Aristide al secolo Claudio Piga) che mi insulta sul suo blogghetto.
        Il bello è che più lui, l’idiota, scrive più mi diverto a provocarlo…

        È proprio sicuro di divertirsi? E allora perché aveva l’abitudine di denunciare chi mettesse in dubbio il suo carisma? E pensare che costui mi aveva denunciato sentendosi diffamato, allorché osservavo che il suo eloquio era stentato, inconcludente, poco rispettoso della logica e dell’italiano, con un retroterra culturale assai modesto. Mi aveva denunciato, ma se ne tornò a casa con le pive nel sacco. E adesso che cosa farà mai? Va dal conte zio, chiedendo giustizia sommaria? Boh, la mia impressione è che il conte zio non abbia intenzione di impegnarsi più che tanto, per lui, salvo certi atti dovuti.

  14. Ullulla permalink

    A parte le simpatie e secondarie le meno simpatie, chi è quello più somigliante a Crozza? Quello con lo sguardo fiero da reduce, oppure quello con lo sguardo emh…

    Bossi cazzuto

    Bobomaroni cazzone

    • Beh, il confronto è spietato. Ma le due foto sono state eseguite nella stessa occasione?

      —————————————————————

      Quando Bossi faceva paura alla gente “per bene” (cioè, ai carognoni)
      (Quasi un inizio di ‘Bobomaroneide’)

      Si può (e si deve) dire tutto il male che si può di Bossi: del suo terrore di vedersi bagnare il naso dagli intellettuali e, in genere, da chi ne sa più di lui (Miglio, e non solo Miglio), del suo familismo amorale, del cerchio magico e della protezione offerta acriticamente a chi si diceva di fede buxista, dell’avere imposto il Trota agli elettori (checché ne dicessero Maroni e Castelli, per i quali non c’era niente da ridire).

      Piccola digressione su Bobomaroni e Castelli che approvavano la candidatura del Trota – Dicevano Bobomaroni e Castelli “Ma in fondo la gente l’ha votato”. Grazie tante, con il “brand” che si ritrova! (“brand”, cioè marchio: ma ai coglioni aziendalisti piace dire “brand”). Finché era Bobomaroni a ragionare (si fa per dire) così, la cosa non mi meravigliava; mi meravigliava invece che lo dicesse Castelli, che è un ingegnere; poi però ho saputo che Castelli va a Medjugore per far passeggiate a piedi nudi sui sassi aguzzi e che frequenta un santone lombardo: ho cessato di meravigliarmi. Anche Fausto Corti da Curno, del resto, è ingegnere, ma non mi pare che abbia ragionato tanto bene, quando si improvvisò italianista: invece di correggere l’italiano del Pedretti, chiedeva che si devolvessero soldi a un ente inutile, per la tutela dell’italiano).

      Va bene, diciamo tutto il male di Bossi, del suo cerchio magico e dei suoi cerchiomagicicisti. A proposito, molti di costoro oggi si dicono bobomaroniti, e Bobomaroni lo sa. Ma lui, come il solito, incassa. Ha raggiunto il traguardo istituzionale, al Pirellone non conta un cazzo, e lui lo sa, ma non si turba; i giochi li fanno tutti tranne che lui, la Macroregione bobomaronita è una sparata mediatica, per non dire una cacata pazzesca, ma lui potrà raccontare ai nipotini che è stato Presidente della Regione lombarda. Gl’importa questo e solo questo.
      Diciamo male di Bossi, dunque. Ma almeno Bossi ha fatto prendere una bella strizza ai poteri forti e al sistema dei partiti. Bossi e Cossiga, da due fronti opposti e futuri nemici, come gli angloamericani e i sovietici al tempo della seconda guerra mondiale quando invasero la Germania, erano sul punto di sgretolare “il sistema”. Lorsignori a questo punto s’inventarono Mani pulite, scatenarono l’offensiva, guidata da un magistrato napoletano intelligente, figlio di magistrati, casa in via dei Mille a Napoli, uomo raffinato e colto: Di Pietro era un culo di ferro, astuto, perito elettrotecnico, uno che aveva capito l’utilità di eseguire i controlli incrociati delle banche dati. Non è poco, ma niente di più; la mente era Borrelli. Così si diede agli italiani l’illusione che giustizia fosse fatta, o si stesse facendo. Grazie al regime di terrore giudiziario instaurato con il plauso di coloro che sarebbero diventati i nuovi potenti, Psi e Dc furono azzerati, a parte il salvacondotto offerto alla sinistra Dc, ma solo a loro. Rimaneva il Pci che però dopo il crollo del muro di Berlino, e solo allora, si accorse di non essere più comunista e si sciacquò nelle acque della cosiddetta società civile. Così il Pci, e quel che ne seguì (Pci > Pds > Ds > Pd) in tutte le sue trasformazioni, era sempre meno un partito, sempre meno di sinistra, e sempre più una conventicola modellata sul Rotary club (con lotte feroci per il potere, però: succede nella migliore società civile).
      Però, dicevo, Bossi faceva paura a lorsignori. Io allora cominciai a votare Bossi, invece di annullare la scheda con frasette che avrebbero letto, il più delle volte senza capirci niente, gli scrutatori, servi dei partiti anche loro (prima ancora votavo Pci). Ma quando vidi chiaro nel giochetto di Mani pulite, quando fui disgustato abbastanza dalle stronzate e dal pressapochismo della cosiddetta società civile, dall’occhettiana “sinistra dei club”, dai baci occhettiani di Capalbio ecc., allora votai Bossi. Anche perché c’erano fior di intellettuali pronti a dargli una mano. Lui però ne avrà paura, li emmarginava, talvolta li demonizzava. Lo stesso cominciò a registrarsi in periferia: un mio amico era vicesindaco leghista di Cernusco sul Naviglio, quando Cernusco era la Silicon Valley della Lombardia, non era mica Curno: era ingegnere il mio amico, intelligente e colto, ma i leghisti trinariciuti gli resero la vita difficile, più o meno nello stesso periodo in cui emergevano i vari Pedretti, senza che nessuno pensasse di tirare la maniglia, quella del segnale d’allarme. Il treno della Lega nord, infatti, era lanciato in una folle corsa, in direzione del precipizio.

      Una cosa comunque è certa: nessuno oggi, nelle stanze del potere che conta, si prende paura di Bobomaroni. Non si domandano nemmeno “Che cosa possiamo inventarci per tenerlo buono?”. Non ce n’è bisogno, lui se ne sta buono dov’è, marcato da Formigoni e Berlusconi, tenuto sotto schiaffo da Calderoli, nelle mani di funzionari che da sempre favoriscono la spartizione degl’incarichi e dei lavori fra le cooperative cosiddette rosse e la Compagnia delle Opere e che continueranno a farlo, tutt’al più correggendo le percentuali spartitorie in base ai risultati elettorali e ai sondaggi. La macchina della Regione lombarda comunque va avanti, indipendentemente da Bobomaroni. Prevarrà l’efficienza ambrosiana, che oggi — però — prevede molti favori, elargizioni, triangolazioni d’incarichi ecc. Se le cose non andranno malaccio, Bobomaroni se ne prenderà il merito, i signori del potere reale gli consentiranno di prenderselo. Poi farà le sue brave sparate mediatiche, parlerà ongi tanto della MAcroregione, dei passi avanti che si stanno facendo ecc. I signori del potere reale rideranno, ma sobriamente. Lontani da occhi indiscreti diranno che cosa pensano del Bobomaroni, ricorrendo a una parola milanese la cui radice è riscontrabile in una parola italiana — ma con metàtesi della consonante liquida “r” e della vocale “i” — usata in meccanica applicata, nello studio dell’attrito di rotolamento.

      • Miguèl permalink

        Mi sembra che Bobomaroni incarni giustamente tutte le problematiche della vacuità e pericolosità della politichetta: sprizza albagia istituzionale da tutti i pori, come ben imitato da Crozza, tanto che è pure stato ministro di polizia dello stato italiano; ha condiviso serenamente un programma di opere pubbliche (fasciste e di stampo serrano) degne del peggior centralismo; ha dimostrato di non conoscere il significato della parola federalismo, della parola libertà (non parliamo poi del problema dei rapporti fra verità e politica) e della differenza semantica fra le parole democrazia e isonomia, stante il fatto che il Discorso di Pericle manco sa cosa sia.
        Ha più volte fatto dare di stomaco agli onesti cittadini curnesi per i suoi conati intesi a dirottare Nusquamia e uccellare Gandolfi, come accaduto clamorosamente con la sua presenza alla pedrettesca (o campano-piedigrottesca) cerimonia di presentazione agli elettori dello pseudo leghista o leghista fasullo (ma ciclista) Corti, indiretto alleato della Serra (non bastando questo, i patriottardi tricoloriti aggiunsero per sicurezza lo psichiatra di corte, comunista di sicura fede).
        Si è fatto irretire dalla tecnica di marcamento a zona del Calderoli Robertino, volta a tenerlo sotto schiaffo, lui, Bobomaroni stesso, ed ha manifestato coram populo la mediocrità della sua proposta politica, esattamente appellata come “bobomaronita” o “bombolomaronita” o “bummolomaronita”, nemmeno riuscendo a tenere a freno i colpi di coda del politico territoriale curnense, l’indecoroso Perdetti, collassato, ora factotum militante calderoliano.
        Un disastro per i gonzi che gli credono. Ma un celestiale successone per lui. Al punto che, seguendo questa splendida descrizione delle virtù del bobomaroni, perfetta, bella, incisiva e pienamente efficace, il comitato per i santi in paradiso delle Frattocchie, noto luogo d’ideologia criminale, con pubblica cerimonia di elevazione agli altari, ha consentito che il bobomaroni sostituisca il suo nome con quello del suo santo ispiratore: Bobibersani. Un abbaio, per favore! Grazie.

        • Posso dare un’interpretazione psicologica di questo testo? Da un lato, è evidente la volontà di fare il verso ad Aristide: esso contiene, infatti, un collage di concetti presentati su Nusquamia, espressi con linguaggio e invenzioni linguistiche aristidèe. Traspare d’altro lato un autentico piacere, uno sfogo liberatorio, come di chi non potendo, a vario titolo, assumere in prima persona simili posizioni libertarie, è ben lieto di recitare la parte (potendo finalmente affermare che Bobomaroni non è un’aquila), con il pretesto — appunto — che si tratta di una recita, e che dunque era tutto uno scherzo, per carità (tornando nei ranghi, si dirà che Bobomaroni è, invece, intelligentissimo). Aristide capisce e ringrazia.

    • Adamavatar permalink

      La prima foto sembra che sia Gimondi che parla a Corti…

  15. Ullulla permalink

    @ Aristide
    Le foto sono state fatte nella stessa occasione, l’occasione in cui Bossi diceva che Maroni non era Giuda.

  16. Doctor Gandalf ad Parnassum permalink

    Divagazione dannunziana: per dimenticare, per qualche istante, tutti gli smidollati sopracitati nei precedenti commenti.
    Dedicata inoltre, con simpatia, a tutti coloro che ebbero l’ardire di battezzare le proprie figliole con il nome di “Aurora”.

    • Aurora? Per me è il nome di una fantesca, il cui ricordo mi è dolce. Sempre meglio di Sara(h), Debora(h), Noemi e di tutti quei nomi da film americano [*] che avevano corso nei paesi protestanti, e solo in quelli, fino a non molto tempo fa. Inoltre c’è la principessa Aurora, la Bella addormentata nel bosco, con tanto di canzoncina:

      ——————————————————————————-
      [*] Film americano brutto, aggiungerei. Al cinema Porpora, in via Porpora a Milano, con 150 lire si potevano vedere due film di seguito: uno bello e uno brutto. A orecchio, direi che questi nomi fossero tipici del film brutto. Dov’era il cinema Porpora adesso si celebrano i riti sussiegosi di una banca. Non so per quanto tempo ancora, perché un gruppo di cinefili anarchisti ha deciso di mettere in atto una serie di azioni a carattere terroristico: apparizioni di fantasmi in pieno giorno, esalazioni mefitiche dai condotti dell’aria condizionata, diffusione sonora in sala, ad alto volume, degli orgasmi impiegatizi (degl’impiegati e delle impiegate bancarie, cioè) subdolamente registrati da conigliette e gigolo opportunamente addestrati in un corso di formazione e qualificazione regionale (quanto più uno/a è “determinato/a”, tanto più sarà sputtanato/a). Gl’impiegati a questo punto dovrebbero rifiutarsi di mettere piede nell’edificio, che tornerebbe a essere consacrato al cinema.

      • Rispondo preventivamente all’obiezione: «Ma come, Aristide, tu accetti un intervento OT e a tua volta fai un intervento OT (per dirla alla maniera cazzona degli aziendalisti e del gatto padano, che parlano per acronimi), cioè fuori dai temi pugnaci che ti proponi di trattare su Nusquamia?». Eh no. Mettiamo i puntini sulle “i”:
        a) sia il dott. Gandalf ad Parnassum sia Aristide sono solitamente pugnaci (anche troppo, dirà qualcuno);
        b) il pretesto è comunque svolto in modalità pugnace [*]: il dott. Gandalf ad Parnassum ci fa sapere che «gli smidollati sopracitati» fanno venire il latte alle ginocchia, e offre un lenitivo; Aristide coglie l’occasione per svolgere un tema portante dell’impegno di Nusquamia, la ridicolizzazione del lavoro impiegatizio e l’irrisione dell’ottusa “determinazione”, esaltata come un valore (invece che disprezzata come vizio infame).
        Cioè non intendevamo distogliere l’attenzione dal Pedretti factotum calderoliano, dall’aziendalismo, da Bobomaroni ecc., ma coglievamo un’occasione per dare una carezza al Pedretti factotum calderoliano, all’aziendalismo, al Bobomaroni ecc.(non propriamente la carezza di papa Giovanni: «Cari figlioli, tornando a casa, troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la carezza del papa!” »).
        Ricordo inoltre che il nostro impegno per le 3F (con il dovuto garbo e doverosa e ironica intelligenza, naturalmente, soprattutto per quanto riguarda la prima “F”) è tutt’altro che gratuito: è parte integrante del programma demistificatore di Nusquamia. Le “3F” che campeggiano nel vessillo di Nusquamia sono il segno di un “impegno”, in senso stretto, come si diceva ai tempi in cui andava di moda l'”engagement”, prima che la sinistra diventasse cosiddetta sinistra, prima che Pepito el memorioso tradisse la classe operaia, vendesse il bar ai cinesi e diventasse un capitalista.

        —————————————————————————-
        [*] Umberto Eco c’insegna a non aver paura di parlare di Topolino, nemmeno in un contesto di cultura alta. Infatti, c’è modo e modo di parlare di Topolino e il fatto che si prenda a pretesto Topolino per sviluppare un certo argomento, non significa che si stia facendo un ragionamento infantile. Sia Socrate, sia Gesù Cristo, e tanti altri dopo di loro, non disdegnarono le parabole, le analogie, gli esempi tratti dai mestieri più umili e dalle situazioni ordinarie. Ma non dicevano cose ordinarie.

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